Rimanendo in tema di imparare una lingua nuova, sempre a detta di uno che non ha mai avuto questa vocazione (il sottoscritto, appunto :-), proseguo oggi con il passo legato alla pratica sul campo, forse la cosa più naturale e scontata, che potrebbe già da sola annullare qualsiasi altro passaggio.
Quinto passo: pratica sul campo
Praticare sul campo una lingua, se provate a chiedere a qualsiasi professore di lingua straniera, più qualificato di me sicuramente, è il miglior modo in rapporto qualità/quantità/tempo di apprendimento. Cioè nella stessa unità di tempo si riesce ad apprendere molto di più. Perché? Beh, la risposta è abbastanza scontata: si è completamente immersi in un altro contesto non solo linguistico ma anche culturale senza possibilità di "scampo" - a patto che intorno a voi NON vi sia nessuno che conosce la vostra lingua! Un po' come ho sentito fare una volta per insegnare a nuotare ai bambini, li si butta in acqua e, quasi per magia, imparano a galleggiare.
Come fare pratica sul campo? Beh, nel significato stretto del termine significa proprio andare in territorio straniero e conoscere il campo appunto della lingua. In termini un po' più astratti, al giorno d'oggi, si può pensare ad una cosa via internet.
Già qualche anno fa (parlo di almeno 10 anni), spinto dalla curiosità di conoscere, mi ritrovai a chattare in inglese con un paio di persone in India di mattina (perché con il fuso orario lì era pomeriggio) e in America di pomeriggio (per lo stesso motivo del fuso orario). Non incontrai nessuno, non feci nulla di quanto la TV ha premura ogni giorno di informare i propri telespettatori. Piuttosto, in pochissimo tempo ebbi una crescita notevole nell'imparare l'inglese. Se poi ci metto a fianco il fatto che all'epoca ero anche programmatore, mi ritrovai nel giro di un mese a leggere con molta agilità la documentazione Microsoft e altra in maniera molto più agevole.
Una cosa interessante del chattare o comunque del parlare con gente comune (cioè non professori nel campo dell'insegnamento delle lingue) è che ... anche loro fanno errori! Cioè, un indiano dell'India che scrive in inglese, può fare errori di scrittura, costruire la frase in maniera non "accademica" e quindi, oltre ad imparare la forma canonica, si è costretti a verificare il messaggio ricevuto (cosa che su un libro accade più raramente).
Altra cosa interessante sono le espressioni comuni, i vari usi e costumi, pratiche, interessi, meteo, giochi, barzellette locali, ecc. Una cosa indescrivibile.
La cosa poi più difficile, durante la pratica sul campo, è quella di passare dal "ripetere frasi fatte" o idee standard al "tradurre i propri pensieri" e quindi cominciare a dire quello che si pensa. Può sembrare una sciocchezza, ma - almeno parlo per me, naturalmente - quando si cerca di dire qualcosa e quindi si è concentrati sul contenuto, si si può osservare in tutto il suo pieno significato l'espressione "non mi vengono le parole" e magari sono le stesse parole delle frasi fatte e apprese prima ma non ancora "slegate" dal contesto ed interiorizzate nel proprio vocabolario.
Un mio personale consiglio, infine, è quello di usare una "lingua di supporto" diversa dalla propria madrelingua. A me personalmente, non venivano le parole in portoghese, quindi le dicevo e spiegavo il significato in inglese. Questo così per imparare due lingue nello stesso momento :-)
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